Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Divieto di espulsione dei cittadini rumeni

A cura del Dott. Giulio Marini

“Lo scorso agosto, le autorità di confine dello Stato romeno hanno ritirato più di 4.000 passaporti ai propri cittadini (che rientravano in patria per trascorrervi le vacanze estive) a seguito di nuovi provvedimenti contro l’immigrazione clandestina, introdotti dal governo romeno su richiesta dell’Unione europea.
In vista dell’adesione – prevista per il 2007 – è stato richiesto alla Romania di rafforzare le misure e i controlli di sicurezza, applicando provvedimenti contro l’immigrazione clandestina.
Il governo romeno non ha mancato di adottare, a partire dall’estate, delle misure che sono a dir poco severe, se non assurde, nei confronti dei propri cittadini. Tutto questo in vista dell’inizio del processo di ingresso nell’UE che, come sappiamo, è alquanto incerto e che, come è avvenuto per i paesi che sono entrati nell’Unione il 1 maggio 2004, può comportare nei confronti della Romania un regime transitorio relativamente alla circolazione delle persone, con la predisposizione di misure particolari che continueranno a considerare, in tutto o in parte, come extracomunitari i cittadini rumeni.
Queste misure possono variare da un minimo di due ad un massimo di sette anni, prima che si instauri l’effettiva e piena libertà di circolazione delle persone. Ebbene, per le persone provenienti dall’estero che rientrano in Romania, vige questo tipo di controllo sistematico della durata della permanenza all’estero.
A partire dal gennaio 2000 – come è noto – i cittadini romeni se espatriano per motivi di turismo e di breve soggiorno, non sono più tenuti a munirsi di un visto di ingresso per recarsi nei paesi dell’UE. Possono transitare, per così dire, liberamente le frontiere con il solo passaporto e adeguati mezzi di sostentamento”.

Ufficio del Giudice di pace di Messina
Il Giudice di Pace
(omissis)
Ha pronunciato il seguente
Decreto
Con ricorso depositato in cancelleria in data 30.06.05 da *************** nel rispetto del d.lgs. 286/1998 in opposizione al ‘Decreto di espulsione dal Territorio Nazionale con accompagnamento alla frontiera emesso dal Prefetto in data 27.06.05, il ricorrente, cittadino rumeno, eccepiva
preliminarmente la nullità del provvedimento in quanto illegittimo, poiché emanato in violazione dell’art. 1 T.U. DLgs 25.07.1998 n. 286, secondo il quale il T.U. deve essere applicato ai cittadini degli Stati non appartenenti all’Unione Europea e agli apolidi;
Il ricorrente ancora eccepiva, la nullità del decreto e degli atti consequenziali per violazione di legge oltrechè per violazione del diritto di difesa, avendo le Autorità opposte notificato il decreto di espulsione in lingua italiana e inglese, lingua non conosciuta dall’istante;
All’udienza fissata da questo giudice ex art. art. 13 c. 8 e 13 bis D.Igs. 286/98 nessuno si costituiva per il resistente inviando tuttavia la documentazione relativa al decreto di espulsione.
All’udienza il ricorrente, preso atto della ‘costituzione’ della resistente, eccepiva la carenza di legittimazione attiva del Dirigente dell’Ufficio immigrazione firmatario degli atti inviati.
Tutto ciò premesso il ricorso proposto da ************** è fondato e deve ritenersi accolto;
Quanto all’eccezione dedotta preliminanuente con il ricorso, questo Giudice ritiene che, il cittadino straniero, presente nel territorio italiano anche senza permesso di soggiorno, ha diritto all’applicazione delle norme di rango costituzionale che impongono il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, e tra questi il diritto ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi, così come espressamente richiamato nel D. Lgv. 286/98.
La valutazione della validità dell’atto di espulsione consente a questo Giudice di sindacare la legittimità dello stesso non solo per la sussistenza del potere e della conformità del provvedimento alle norme, ma anche per la congruenza del potere esercitato dall’amministrazione rispetto allo scopo, valutando la regolarità e logicità dell’atto attraverso l’esame della motivazione.
La giurisprudenza di merito ha ampiamente sostenuto che l’obbligo di motivazione imposto all’autorità procedente nel decreto di espulsione, è finalizzato ad imporre all’autorità di esaminare comparativamente gli interessi che vengono in rilievo nella fattispecie e quindi anche la sussistenza di interessi giuridicamente rilevanti del cittadino straniero a restare in Italia.
Il Consiglio di Stato si è espresso nello stesso senso ritenendo che la mancanza di permesso di soggiorno o il mancato rinnovo del permesso concesso, non legittimano sempre ed in ogni caso l’espulsione dello straniero dal territorio nazionale, dovendo l’autorità procedente valutare le ragioni di ordine pubblico che consigliano l’eventuale allontanamento (così Trib. Messina 15.12.2000 e Cons. di Stato sez. IV 20.05.1999 n. 870).
Con il decreto dì espulsione impugnato veniva accertata la data d’ingresso nel territorio italiano da parte del cittadino ************ avvenuta in data 18.02.05, e quindi accertata la violazione dell’obbligo di richiedere il permesso di soggiorno negli otto giorni lavorativi.
Nessuna motivazione veniva data neI provvedimento impugnato su altri- elementi che potessero ritenersi rilevanti nella fattispecie, come ad esempio la possibilità per lo straniero di sanare la situazione, o eventuali fatti che potessero giustificare la violazione accertata, elementi che sono stati al contrario valutati da questo Giudice che ha il potere di sindacare la legittimità dell’atto anche sotto il profilo della non contrarietà del provvedimento alle garanzie di difesa dello straniero.
Non è da considerare infatti che con il decreto di espulsione il soggetto viene privato della possibilità di rientrare nel territorio dello stato per cinque anni. Tale provvedimento quindi incide sulla libertà di spostamento della persona in relazione alle necessità di lavoro, di studio e cioè di
beni costituzionalmente protetti.
Tali considerazioni assumono maggiore spessore in relazione alla posizione dei cittadini rumeni rispetto al nostro stato e rispetto agli stati dell’Unione Europa di cui la Romania con data certa del 1.01.2007 si troverà a far parte. Lo stesso assunto è a fondamento della decisione del Tribunale di Livorno che con sentenza n. 1122 del 15.10.2004 ha ritenuto che per i cittadini della Romania in guanto stato candidato U.E. . occorre tener conto che in vista del suo ingresso ha stipulato una serie di negoziati che regolamentano fra l’altro, la libera circolazione delle persone.
I negoziati proseguono considerato che nell’ ottobre 2004 i 25 paesi membri dell’ U.E. hanno firmato il Trattato che adotta la Costituzione europea e l’atto finale, e i paesi candidati tra i quali la Romania hanno firmato tale atto finale.
Pertanto, se la normativa di cui al D.lgv. 286198 sull’immigrazione non si applica ai cittadini di stati già membri dell’U.E. (v. Cass. Pen. Sez. III 27.01.00 n. 439) in via analogica tale esclusione deve applicarsi, stante l’identità di ratio.anche ai cittadini degli stati candidati, il cui ingresso nell’U.E. sia già fissato a data certa e rispetto a cui esiste già una regolamentazione della libera circolazione.
Anche la seconda eccezione proposta dall’istante deve ritenersi fondata nel merito; infatti la Cassazione in più pronunce ha ribadito che l’art. 13 c. 7 D.lvo 286/98, che impone all’amministrazione procedente di comunicare all’ interessato ogni atto concernente l’espulsione unitamente alla traduzione in una lingua a lui conosciuta e, solo ove ciò non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola, “va interpretato, conformemente a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con le sentenze nn. 198 e 227 del 2000, nel senso che la mancata traduzione nella lingua propria dell’interessato, o in lingua a lui nota, lede il diritto di difesa, salvo il casi in cui sia dovuta ad impossibilità preventivamente giustificata”.
Nel decreto di espulsione notificato all’istante, depositato in atti, si legge che non è stato possibile fornire all’interessato una traduzione nella lingua conosciuta per l’impossibilità di reperire un interprete della lingua conosciuta dallo stesso, ma è evidente che si tratta di una motivazione
generica, risolvendosi piuttosto in una mera clausola di stile.
Risulta infatti che l’istante è stato fermato in data 21.06.05 in *************,mentre il verbale di notifica del decreto di espulsione è stato redatto alla presenza dello stesso istante in data 27.06.05, pertanto sei giorni dopo con
la possibilità dunque di reperire un interprete di lingua rumena.
Il giudice può dunque concludere dichiarando la nullità del decreto, avendo dall’indagine condotta rilevato che le modalità della comunicazione, e considerate le circostanze della predetta, abbiano inibito la comprensione del testo necessaria per l’esercizio del diritto di difesa. E’ infatti significativo che la legge imponga la traduzione nella lingua conosciuta dall’espellendo, ‘esplicitando la ratio che è quella di assicurare comprensione e difesa (Cass. Civ. 7 luglio 2000 n. 9078, e 12 luglio 2000 n.9266).
Ancora a sostegno ditale tesi, la Corte Costituzionale ha ribadito che l’art. 27 del Patto delle N. U. del 16.12.1966 prevede, come modo d’ essere e strumento della propria identità culturale . ..la garanzia dell’uso della propria lingua nelle comunicazione … .nei rapporti con Autorità non appartenenti alla stessa comunità linguistica (Corte Costituzionale 29 gennaio 1996 n. 15).
In ultimo sull’eccezione, svolta dall’istante riguardo alla carenza di legittimazione del firmatario dell’atto, è fondata in quanto la difesa svolta dal Dirigente dell’Ufficio è priva dell’apposita delega necessaria per la costituzione dell’amministrazione in base al principio secondo il quale l’Autorità che ha emesso l’atto può stare in giudizio personalmente o a mezzo di funzionario appositamente delegato, pertanto va dichiarata la contumacia della Prefettura di Messina.
Pér quanto sopra esposto il provvedimento impugnato deve essere annullato, considerato lo stesso illegittimo, per carenza dei presupposti di legge e per carenza di valutazione degli interessi del cittadino straniero.
Quanto alle spese processuali, considerato che lo straniero è stato ammesso al gratuito patrocinio a spose dello Stato, si liquidano in complessive Euro 520,00 di cui Euro 250,00 per diritti ed Euro 270,00 per onorari oltre 12,50 % per spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
P.Q.M.
Visto l’art. 13 del D.lgs. 286/1998 così come modificato dalla E. 271/2004.
Accoglie il ricorso proposto da ******************** avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Messina in data 27.06.05, e per l’effetto lo dichiara nullo.
Ammette l’istante al gratuito patrocinio a spese dello Stato.
Liquida le spese processuali in favore del difensore nominato in complessive Euro 520,00, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Manda alla cancelleria per la comunicazione del provvedimento al P.M.
Messina, 19 luglio 2005.


Tribunale di Livorno sentenza 1122 del 15 ottobre 2004:

(…omissis….) “Quanto al capo B, come è emerso dalla deposizione del p.u. Cabras, l’unica che risultava sprovvista di qualsiasi documento di identità era Mariana T, di cittadinanza rumena.
Pertanto, Marius T. e Lacramiora F. devono essere assolti per tale capo di imputazione, perchè il fatto non sussiste.
Quanto invece a Mariana T., occorre tener di conto che la Romania, in quanto stato candidato U.E., ha stipulato, in vista del suo ingresso nell’Unione, una serie di negoziati che regolamentano, fin d’ora, tra l’altro, la libera circolazione delle persone.
Pertanto, se la normativa di cui al D. Lvo 286/98 sull’immigrazione non si applica ai cittadini di stati già membri dell’U.E. (vd. Cass. pen., sez III 27.01.00 n. 439) in via analogica tale esclusione deve applicarsi, stante l’identità di ratio, anche ai cittadini degli stati candidati, il cui ingresso nell’U.E. sia già fissato a data certa e rispetto a cui esiste già una regolamentazione della libera circolazione.
Dall’inapplicabilità di detta norma, discende la riqualificazione del fatto di cui al capo B), nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 521 c.p.p., nella fattispecie di cui all’art. 651 c.p., di minor gravità rispetto al capo originario di imputazione. (…)”

In pratica questi cittadini non possono mai essere considerati clandestini in Italia alla luce delle suesposte sentenze;se il governo rumeno non tenesse in debita considerazione queste pronunce finirebbe con il sanzionare i propri cittadini per un comportamento che in Italia è stato ritenuto del tutto legittimo.
Tanto più che,con la prossima adesione della Romania all’unione europea,i cittadini ai quali è stato sottratto il passaporto si troverebbero con un assurda quanto illogica limitazione.
Essi potrebbero tranquillamente circolare all’interno dell’unione con la loro carta d’identità nazionale(cosa che peraltro, come logico corollario di dette pronunce,potrebbero fare anche adesso, almeno in Italia), ma privi di passaporto per averne perso il diritto per aver contravvenuto a regole all’estero (nel nostro caso in Italia) la cui violazione i giudici italiani hanno prontamente negato.
Infine queste sentenze sono importantissime anche sotto numerosi profili: il cittadino rumeno avrebbe diritto ad avere la carta di soggiorno alle stesse condizioni dei cittadini dell’unione europea di nuova adesione ,la sua patente di guida sarebbe valida anche senza aver il permesso internazionale e così via.
Rimane però una preoccupante incognita:dal momento che si tratta di pronunce di giudici e non di diritti ex lege, i cittadini rumeni, per ottenere la loro legittimazione, dovrebbero provocare atti amministrativi estremamente pregiudizievoli per loro.
Difatti se si recassero presso una questura per chiedere il rilascio della carta di soggiorno alle condizioni degli altri cittadini comunitari, non solo otterrebbero un provvedimento di diniego (che ai sensi delle pronunce in esame dovrebbero essere impugnato e annullato), ma rischierebbero in molti casi di avere in aggiunta un provvedimento di espulsione(anch’esso facilmente ricorribile,ma soggetto in ogni caso all’alea di un giudizio di merito che potrebbe avere conseguenze disastrose).
E’ quindi molto difficile per un legale far valere i diritti dei cittadini di questa nazione,attesa la loro giustificabilissima diffidenza.
E’auspicabile quindi che le autorità competenti in Italia prendano atto di questo orientamento, onde permettere il pieno riconoscimento ai cittadini rumeni di essere già trattati quali membri dell’Unione Europea, o quantomeno predisporre idonee misure di salvaguardia, permettendo la tutela almeno giurisdizionale dei loro diritti senza esporli a conseguenze catastrofiche.
Come del resto è auspicabile che analoghe valutazioni possano aver luogo da parte dei giudici rumeni, sempre che costoro siano legittimati a sindacare provvedimenti cosi restrittivi.

Dott. Giulio Marini