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Fosdinovo e Toscana – L’integrazione dei migranti in fuga dalla Libia minacciata dal diniego della protezione internazionale

di Camilla Bianchi, Consigliera Comunale di Fosdinovo (MS)

Sono arrivati a Fosdinovo alla fine del maggio scorso. Sono quattro, tra i 20 e i 25 anni. Vengono dal Mali attraverso la Libia. Due parlano anche un po’ di francese, due solo il bambara. Tutti sono completamente analfabeti perché le scuole, in Mali, sono a pagamento e non tutti se le possono permettere. Hanno iniziato a lavorare da bambini e lasciano le proprie case, da soli, attorno ai 19 anni.
Sono stati in Cameroun, in Algeria poi in Libia per cercare pane per loro e un po’ di soldi da mandare alla famiglia in Mali. Con viaggi di fortuna, pagati coi loro risparmi, sono arrivati fino in Libia, dove hanno trovato finalmente un lavoro: fornaio, giardiniere, domestico, manovale a Tripoli. La Libia, dicono, è un paese razzista “tirano i sassi ai bambini negri se questi escono nelle strade”, non di rado i lavoratori di colore sono picchiati e spesso per loro non c’è paga a fine giornata. Quando è scoppiata la guerra il lavoro è scomparso, il razzismo si è accentuato e i militari facevano retate. Nelle stanze dove stavano assieme in molti, tutti avevano paura di essere presi. Poi è arrivata la notizia dei barconi, e con altri sono andati al porto. Al momento di salire sulle barche, ai fuggiaschi sono stati tolti i documenti e il denaro. Nessuno di loro ha avuto paura sul barcone dove erano “stretti stretti” fino a Lampedusa, dove la sorte li ha messi insieme – perché fino ad allora non si conoscevano – e li ha fatti arrivare a Massa, poi a Fosdinovo.

Fosdinovo è un comune di poco meno di 5000 abitanti, formato da un piccolo centro storico medioevale a 600 mt di altezza dove risiedono circa 300 persone per la maggior parte anziane, e da un insediamento moderno in pianura, molto popoloso.
Io insegno disegno in un liceo artistico e sono consigliera comunale, in un posto dove far politica significa fare le cose. Sapevo poco di immigrazione, fino a quando da un giorno all’altro è diventata anche un mio problema. E come un altro problema che si sommava ai tanti è stato visto da molti abitanti l’arrivo in paese dei profughi.
Abbiamo sistemato i ragazzi (così li chiamiamo) in un piccolo appartamento di proprietà comunale nel paese antico, e il volontariato si è subito attivato. L’associazione degli Alpini e il gruppo dei Volontari Antincendi Boschivi si sono subito occupati di loro grazie al lavoro di due straordinari referenti. Abbiamo scelto di rendere i nuovi arrivati il più possibile autonomi affidando loro direttamente la gestione quotidiana della casa. Giornalmente essi sono forniti di generi alimentari e si preparano i pasti.
Quasi subito abbiamo capito che lasciarli in casa a far nulla non serviva né a loro né a noi.
Così i ragazzi sono stati associati al gruppo dei Volontari Antincendio, con copertura assicurativa, e hanno cominciato da subito a prestare opera nelle feste paesane in piazza: allestimento, servizio ai tavoli e pulizia. Ciò ha permesso una prima socializzazione. Il calcio ha fatto il resto….i pochi ragazzi del paese li hanno subito visti come una risorsa per movimentare le partitelle.
Ma la mossa vincente è stata quella di predisporre una borsa lavoro gratuita che li impegnava assieme ai dipendenti comunali nella manutenzione delle scuole, imbiancatura e piccola idraulica, pulizia delle strade e delle piazze. Quattro operai in più non sono cosa da poco: il paese è pulitissimo e la gente ha saputo apprezzare la loro forza infaticabile, la loro educazione, la loro disponibilità ad aiutare questo o quello in piccole mansioni a titolo gratuito.
Ci siamo posti il problema se quest’attività non apparisse come sfruttamento, ora possiamo affermare che è stata la strada maestra per l’integrazione.
Nel paese è successa una cosa straordinaria, tutti oggi vogliono bene ai nuovi arrivati, li salutano come quattro di noi, gli portano le torte, gli regalano abiti o scarpe, gli offrono il caffè al bar in cambio della loro disponibilità, serietà, correttezza, educazione.

Parallelamente a tutto questo ho cominciato un’attività di alfabetizzazione.
E’ con il disegno, la lingua più universale di tutte, che ho iniziato a insegnare loro le prime parole italiane, io non conosco il francese né tanto meno il bambara.
E’ stata un’esperienza straordinaria, e una continua scoperta. Non sapevano ad esempio che la terra è rotonda, perché c’è il giorno e la notte, dove è l’Africa e il Mali, cos’è il ghiaccio.
Dopo aver loro spiegato il significato della parola italiana “paura” mi hanno detto ridendo: “No paura barca Libia, paura leggere italiano”.
E’ così che hanno cominciato ad imparare l’italiano, a leggere e a scrivere con risultati straordinari.
Da ottobre frequentano anche un corso di alfabetizzazione in un Centro Territoriale Permanente, adesso sanno scrivere sotto dettatura e leggere brevi testi italiani.

Ad ottobre nelle nostre zone c’è stata l’alluvione, il nostro comune è stato risparmiato, ma è stata colpita la vicina Aulla. Subito il gruppo VAB si è attivato e i ragazzi con loro. Per circa una settimana hanno collaborato ai soccorsi, si sono distinti, ed è stata attribuita a ciascuno di loro una targa al merito.
Oggi, con le abbondati nevicate e il freddo polare i ragazzi stanno spalando la neve e spargendo sale sulle strade del nostro comune.

Sempre in ottobre, a seguito della richiesta di permesso di soggiorno per protezione internazionale i ragazzi sono stati convocati a Torino dalla Commissione Territoriale.
Dopo il colloquio hanno ricevuto il diniego alla richiesta perché nella loro terra (in Mali non c’è guerra) non sarebbero in pericolo di vita.
Nonostante lo sforzo emotivo costato loro quel primo colloquio, abbiamo deciso comunque di intentare il ricorso, così come gli altri comuni della Lunigiana che ospitano profughi.
A breve dovranno affrontare un nuovo viaggio a Torino.
L’ente comunale intanto, ha avuto grosse difficoltà burocratiche nel riscuotere il rimborso delle spese effettuate per i ragazzi, non un euro ci è stato anticipato e molti volontari hanno versato il denaro di tasca loro senza poterlo riavere.
Non sappiamo cosa succederà.

Il Consiglio Comunale di Fosdinovo ha approvato una mozione per una soluzione positiva del problema attraverso il rilascio di permessi di soggiorno per motivi umanitari.
Chiediamo, attraverso la Regione Toscana, per mezzo di un’azione del Governo, che si offra la possibilità concreta a questi ragazzi di lavorare regolarmente nel nostro territorio comunale dove ci sono cooperative agricole interessate al loro impiego.
La Lunigiana è una terra di persone anziane e non si trovano giovani disposti a lavorare la terra, crediamo sia giusto dare ai nostri migranti questa possibilità.

La scelta della Regione Toscana, di distribuire nei piccoli comuni, ed in particolare nella realtà lunigianese questi ragazzi sembra vincente, ma è solo l’inizio di un percorso che se interrotto renderebbe vane tutte le attività intraprese fino ad oggi: i piccoli comuni e i volontari non devono essere lasciati soli.
Il Governatore Rossi si è impegnato a far conoscere al Governo l’esperienza toscana.
L’impegno economico, l’impiego di energie, il coinvolgimento affettivo e relazionale di tanti non deve andare disperso.
Crediamo che l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati sia una risorsa oltre che un semplice dovere umanitario.

Camilla Bianchi
Consigliera Comunale di Fosdinovo