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La revoca del provvedimento di espulsione

Che cos’è?
La revoca del provvedimento di espulsione è un provvedimento che può essere adottato dallo stesso organo che ha, a suo tempo, emanato il provvedimento di espulsione quindi dal Prefetto.
E’ un provvedimento, come altri, di natura discrezionale con la funzione di rimuovere un ostacolo alla concessione o al rinnovo del pds nei confronti di una persona che si trova in Italia e che avrebbe tutti i requisiti per ottenere un determinato permesso di soggiorno, se non fosse che, nei suoi confronti, è stata verificata l’esistente di uno o più provvedimenti di espulsione.

Ma come può succedere che una persona che presenta una domanda di rinnovo, sia nel frattempo colpita anche da un provvedimento di espulsione?

Succede – e sempre più spesso si verifica – che molte persone siano state sottoposte al controllo e colpite tempo fa dal provvedimento di espulsione, dando però in tali occasioni false generalità. In seguito (magari grazie ad una ricongiunzione famigliare piuttosto che ad un sanatoria o un ingresso dall’estero in base al sistema delle quote) le stesse persone hanno ottenuto un permesso di soggiorno regolare con la loro reale identità poi però, grazie al rilievo foto/dattiloscopico, quindi alla rilevazione e comparazione delle impronte digitali, ecco che dal passato sono riemersi vecchi provvedimenti di espulsione.
In questi casi, la prassi molto nota, normalmente adottata anche su indicazioni delle stesse questure, era quella di presentare tramite la stessa questura ove si richiedeva il rinnovo del permesso di soggiorno, una domanda di revoca del provvedimento di espulsione al Prefetto che aveva emesso il provvedimento di espulsione.
Nel caso di regolarizzazioni o di successive acquisizioni di regolari condizioni di soggiorno, magari grazie all’ingresso regolare dall’estero con le quote piuttosto che con la ricongiunzione famigliare, ecco che queste domande molto spesso venivano accolte dai Prefetti che adottavano – con tempi di attesa più o meno lunghi – il provvedimento di revoca, ed ecco che quindi la Questura, venuto meno l’ostacolo al rilascio del soggiorno, provvedeva al rilascio o al rinnovo.

Tuttavia, recentemente (18 maggio 2004) è intervenuta una circolare del Ministero dell’Interno che ha impartito prime indicazioni in merito ad una recente giurisprudenza che sostiene la possibilità di fare ricorso sempre al giudice ordinario (stesso giudice davanti al quale si fa ricorso contro il provvedimento d’espulsione) anche contro il provvedimento di rifiuto di revoca del precedente provvedimento d’espulsione, per analogia di materia.
Fino a poco tempo fa la competenza era del Tribunale civile in veste di giudice monocratico del luogo di emissione del provvedimento, attualmente dovrebbe – a seguito delle recenti modifiche – essere lo stesso giudice di pace che si interesserà di valutare la legittimità del provvedimento di espulsione ed eventualmente esaminare anche il ricorso contro l’eventuale rifiuto di revoca del provvedimento di espulsione.
Ma, commentando questo orientamento della giurisprudenza, il Ministero dell’Interno ne ha approfittato per dare delle indicazioni ulteriori agli uffici delle Prefetture, sostenendo che il provvedimento di revoca, su richiesta del diretto interessato, non comporta un obbligo dell’amministrazione di provvedere e, comunque, non comporta l’obbligo di valutare l’interesse del richiedente, quanto piuttosto di valutare se vi siano interessi particolari della pubblica amministrazione, o della collettività, a togliere quel vecchio provvedimento di espulsione.
D’altra parte è anche da considerare che la stessa circolare sottolineava come il provvedimento di espulsione è un atto dovuto, obbligatorio, quindi non può essere adottato a discrezione del Prefetto ma deve essere sempre adottato nel caso in cui sussistano le circostanze previste dalla legge. Proprio per il fatto che si tratta di un atto dovuto, non sarebbe possibile, se non in circostanze eccezionali, esaminare una richiesta di revoca del vecchio provvedimento di espulsione solo perché viene presentata dal diretto interessato.

In buona sostanza questa recente circolare diceva tra le righe ai Prefetti “ lasciate perdere queste domande di revoca” e quindi, tutti quelli che, pur avendo perfezionato la sanatoria, piuttosto che una ricongiunzione famigliare, o di ingresso dall’estero per lavoro, hanno visto riemergere anche da un passato lontano, provvedimenti di espulsione adottati sotto altro nome, si sono visti “chiusa la porta in faccia”.

Ma un messaggio telex del Ministero dell’Interno, ancora più recente, che porta la data del 28 febbraio 2005, rimette in gioco la partita e soprattutto rimette anche in equilibrio gli aspetti giuridici che possono condizionare questa problematica.
L’oggetto del telex è la “Revoca dei provvedimenti di espulsione”.
Il testo dice: “ Sono pervenuti numerosi quesiti in ordine alla adozione dei provvedimenti di revoca dei decreti di espulsione. A riguardo, facendo seguito alla Circolare del 18 maggio 2004 di questo ufficio, relativa alla possibilità di fare ricorso al giudice ordinario contro i provvedimenti che negano la revoca dei provvedimenti di espulsione, si ritiene opportuno chiarire – e, aggiungo, questa è la parte che ritengo più interessante – che l’interesse pubblico alla eliminazione dell’atto da revocare (l’espulsione), può ritenersi sussistere in tutti i casi in cui l’ordinamento, o per espressa disposizione del Testo Unico Immigrazione, quale ad es. il cittadino straniero che contrae matrimonio con cittadina italiana, o perché previsto dalle norme relative alla regolarizzazione (quindi norme speciali), qualora l’ordinamento contempli la possibilità di sanare la posizione dello straniero, munito di provvedimento di espulsione. “

In altre parole, questo testo corregge notevolmente il tiro della precedente circolare del 18 maggio 2004 dello stesso Ministero e dice che quando pervengono ai Prefetti (e per pareri informativi alle questure), domande di revoca di un precedente provvedimento di espulsione, la domanda deve essere presa in considerazione e valutata, e si può ritenere che vi sia anche un interesse pubblico a revocare il provvedimento di espulsione, nel caso in cui siano presenti altre circostanze previste dalla legge. In via generale (come nel caso di matrimonio con un cittadino straniero, oppure nel caso di esigenze umanitarie, oppure nel caso in cui ci siano espresse possibilità, previste da una norma eccezionale con una Sanatoria che è stata utilizzata dall’interessato) è possibile revocare il provvedimento di espulsione nel caso in cui la legge, comunque, offre la possibilità di regolarizzare o di sanare, la posizione dello straniero che è stato colpito a suo tempo dal decreto di espulsione.
Quindi, per chi a seguito soprattutto della sanatoria più recente, vedrà emergere in occasione del rinnovo del permesso di soggiorno e della cosiddetta foto-segnalazione, vecchi provvedimenti di espulsione, ci sarà la possibilità – ma presentando tempestivamente domanda di revoca del provvedimento di espulsione – che sia presa in considerazione la domanda.

Gli espulsi che rientrano con le quote
Un problema che difficilmente sembra superabile, anche a fronte delle precisazioni di cui sopra, è quello di chi è stato colpito da provvedimento di espulsione sotto falso nome e poi riesce ad ottenere il visto di ingresso in base al noto sistema delle quote: una volta giunto in Italia (a meno che non si tratti di ingresso per lavoro stagionale di durata non superiore a 30 giorni) deve sapere che sarà sottoposto a controllo delle impronte digitali e che, quindi, la verifica di una vecchia espulsione impedirà il rilascio del p.s. e comporterà l’accompagnamento alla frontiera. Il rilascio del visto di ingresso per lavoro non può considerarsi una forma di “sanatoria” dal punto di vista giuridico e quindi ben difficilmente l’istanza di revoca dell’espulsione potrebbe essere recepita e poi riscontrata favorevolmente. E ciò non tanto in relazione al reato di false generalità, che di per sé non impedisce –anche se accertato in via definitiva- un nuovo ingresso regolare (essendo tale ipotesi non rientrante nei reati “ostativi” all’ingresso indicati all’art.4, comma 3, del T.U.), quanto piuttosto in relazione all’espulsione, che non potrebbe considerarsi “superata” da una forma di regolarizzazione prevista in via generale o speciale nell’ordinamento giuridico italiano. Se infatti la verifica delle impronte permettesse di verificare solo l’avvenuta commissione del reato di false generalità e non anche l’emanazione di un provvedimento di espulsione, allora non dovrebbero esservi problemi particolari per il permesso di soggiorno, salvo naturalmente attendere “a piede libero” un processo che potrà portare verosimilmente ad una condanna sospesa o comunque non detentiva.

Un consiglio
Arriviamo addirittura a suggerire, nei confronti di chi sa già che in occasione del rinnovo emergeranno situazioni di questo tipo, di fare “mente locale” e ricostruire esattamente ciò che gli è accaduto, quindi di ricordarsi quale è stato l’ufficio che ha emanato il decreto di espulsione, in quale periodo e soprattutto per quali motivi e circostanze, perché se si tratta di violazioni puramente amministrative è un fatto, se invece l’espulsione è collegata anche a denunce di tipo penale, chiaramente la situazione cambia in modo drastico. Quindi quantomeno va preparata una domanda di revoca del provvedimento di espulsione, contestualmente ad una domanda di rinnovo del permesso di soggiorno.

Naturalmente quanto viene stabilito in via generale nel telex del Ministero dell’Interno non impedisce agli uffici competenti di valutare circostanze particolari, o di valutare anche circostanze sopravvenute. Dal punto di vista strettamente amministrativo – in termini di valutazione discrezionale – anche l’eventuale condotta o comportamento attuale dell’interessato, è di fatto considerata un elemento di utile valutazione. Ecco che quindi, se chiede la revoca di un vecchio provvedimento di espulsione, una persona che oggi non lavora, non sta lavorando da tanto tempo, magari non riesce neanche a dimostrare la disponibilità di un alloggio e nel frattempo è stata anche denunciata per un delitto, è chiaro che la situazione cambia.