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Matrimonio con cittadino straniero – Il caso della Questura di Treviso che impone un pds, pena l’espulsione

Si è già precisato che il matrimonio con cittadino italiano, in base all’art. 19 del Testo Unico sull’Immigrazione, attraverso la regolare convivenza tra marito e moglie, consente di fatto di regolarizzare il soggiorno in Italia. Ma questo sembrava troppo facile.

Non è la prima volta che ci pervengono segnalazioni di situazioni simili a quelle evidenziate nel quesito, volte a rilevare la condotta ostruzionistica degli uffici di stato civile della provincia di Treviso. In altre parole si tende a rifiutare la richiesta di pubblicazione del matrimonio, cioè di un atto indispensabile per celebrare lo stesso e quindi produrre gli effetti necessari sul permesso di soggiorno.
La segnalazione che ci è giunta racconta di una prassi che non trova corrispondenza nella nostra legislazione in materia di matrimonio. In effetti il permesso di soggiorno non è uno dei documenti che devono – secondo la legge italiana – essere esibiti all’ufficiale di stato civile per poter perfezionare validamente la richiesta delle pubblicazioni, ma il codice civile (art. 116) prevede semplicemente il cosiddetto nulla osta, ovvero un certificato rilasciato dalla competente autorità del Paese di origine, da cui risulta che non vi sono ostacoli alla celebrazione del matrimonio secondo la legge di quel Paese.

Che dire di questa prassi che sembra (non abbiamo la nota emanata) introdotta dalla Questura di Treviso?

Sappiamo bene che fino al momento in cui uno straniero non perfeziona il matrimonio con cittadino/a italiano può essere vittima di un provvedimento di espulsione, anche pochi momenti prima della celebrazione. Si comprende quindi come sia delicata la fase della richiesta delle pubblicazioni come pure il momento della cerimonia.
E’ bene però ricordare che la formazione di una famiglia costituisce un diritto fondamentale di ogni essere umano e che per garantire il doveroso rispetto delle diverse Convenzioni internazionali che sanciscono e riconoscono questo diritto fondamentale, non si potrebbe impedire per motivi legati semplicemente all’irregolarità della posizione amministrativa di soggiorno un esercizio ritenuto fondamentale; ciò tralasciando tutte le considerazioni che si potrebbero fare in ordine al matrimonio, la famiglia, la nascita di figli e la loro tutela.
D’altra parte l’ufficiale di stato civile è sì un pubblico ufficiale, ma non ha un obbligo legale di denunciare la condizione di soggiorno illegale dello straniero, anche se ne viene a conoscenza nel momento in cui si chiedono le pubblicazioni del matrimonio.
Una norma generale del nostro codice di procedura penale (art. 331) prevede l’obbligo di denuncia da parte di ogni pubblico ufficiale nel momento in cui viene a conoscenza di una situazione che costituisce reato, ma la condizione di irregolarità di soggiorno non costituisce reato, dunque non vi è obbligo di denuncia.
Ma veniamo al caso di cui al quesito.
Da quanto appena esposto discende che, non essendovi un obbligo in al senso, una semplice nota di una questura renderebbe obbligatorio ciò che per legge non lo è. Nel senso legale del termine non si può costringere l’ufficiale di stato civile a formalizzare la denuncia per provocare in tempo utile l’intervento delle forze dell’ordine al fine di decretare un espulsione prima del matrimonio.
Se poi l’ufficiale di stato civile ritiene – per motivi che hanno a che fare con l’elettorato del luogo in cui risiede – di dover fare comunque questo tipo di denuncia, tale scelta rientra nelle sue facoltà.

Come fare a questo punto per formalizzare il matrimonio evitando il rischio di espulsione?
Una eventuale cautela che potrebbe essere utilizzata per evitare questo incidente di percorso, è quella di richiedere le pubblicazioni non personalmente, ma mediante una procura speciale rilasciata da un notaio. Si tratterebbe cioè di disporre una delega nei confronti di un’altra persona (si pensi all’ipotesi in cui l’interessato si ammali) che, in sue vece, proponga formalmente con i documenti prescritti la richiesta di pubblicazioni.
È una ipotesi che facciamo volta a sottolineare l’assurdità della prassi evidenziata. Il matrimonio va comunque celebrato personalmente (salvo i casi di matrimonio per procura) e, quindi, nessuno potrebbe presentarsi al posto del diretto interessato.
Siamo evidentemente disarmati di fronte a questa prassi e non abbiamo strumenti e mezzi per contrastare una volontà ferma di negare i diritti fondamentali di qualsiasi persona.
Alle persone interessate a celebrare il proprio matrimonio possiamo consigliare di spostare la propria dimora altrove e di rivolgersi ad autorità comunali che abbiamo più buon senso.

D’altra parte la pubblicazione del matrimonio è un atto regolato dalla legge quindi, ripeto, un provvedimento tipico. Di conseguenza se, in ottemperanza di questa presunta circolare diramata dalla questura, un ufficiale di stato civile dovesse rifiutare di dar luogo alle pubblicazioni di matrimonio perché manca il permesso di soggiorno, commetterebbe un’azione contraria alla legge. Rispetto a questo diniego il codice civile prevede la possibilità di ricorrere al Tribunale perché sia accertata la legittimità o meno del medesimo.

Speriamo ovviamente che non sia necessario proporre sistematicamente un’azione giudiziaria per ottenere quello che normalmente dovrebbe essere concesso a qualsiasi essere umano, ovvero la possibilità di sposarsi quando non vi sono specifici impedimenti previsti dalla legge.