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Rinnovo del pds – Illegittimo il diniego senza il preavviso di rigetto ai sensi dell’art 10bis della L. 241/1990

Il Consiglio di Stato ribadisce la necessità di consentire il contraddittorio tra privato ed amministrazione prima dell'adozione di un provvedimento

Imposrtante conferma da parte del Consiglio di Stato che, con la Sentenza n. 256 del 17 gennaio 2011 ribadisce il dovere, da parte dell’amministrazione chiamata a valutare la sussistenza dei requisiti necessari al rinnovo del permesso di soggiorno,di comunicare al richiedente i motivi ostativi rilevati prima dell’adozione del provvedimento finale,attraverso il preavviso di rigetto.
Il giudice amministrativo ha ribadito che “l’art. 10-bis della legge n. 241/1990 è stato introdotto dalla legge n. 15 del 2005 al
fine di consentire il contraddittorio tra privato ed amministrazione prima
dell’adozione di un provvedimento negativo e allo scopo, quindi, di far interloquire
il privato sulle ragioni ritenute dall’amministrazione ostative all’accoglimento
dell’istanza”

E’ di contro ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, al fine dell’adozione del provvedimento finale, l’amministrazione è tenuta a prendere in considerazione anche le circostanze sopraggiunte dopo la presentazione della domanda, nelle more della procedura di rinnovo, confermativo peraltro di quanto già chiaramente disposto dall’art. 5, comma 5, del Testo Unico.

Per questo, secondo il Consiglio di Stato, è impossibile che la mera valutazione dei requisiti dimostrati al momnento dell’istanza renda vincolato il rigetto non potendo l’amministrazione adottare altra scelta.

Infatti, secondo il giudice “in presenza di una istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, l’accertamento
dell’insussistenza del rapporto lavorativo dichiarato può condurre al diniego,
“sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio”
(art. 5, comma 5, D. Lgs. n. 286/1998); di conseguenza, rispetto all’accertamento
dell’insussistenza del lavoro, il provvedimento di diniego non costituisce atto
vincolato in relazione alla situazione esistente al momento della richiesta, potendo
essere sopravvenuto un rapporto di lavoro che consenta il rilascio del permesso.
Non si tratta qui di limitarsi a verificare la sussistenza di una circostanza
obiettivamente ostativa (come, ad es., una condanna penale), ma di valutare un
elemento su cui possono incidere le sopravvenienze e rispetto al quale l’interessato può fornire – se coinvolto in sede procedimentale – gli opportuni chiarimenti,
soprattutto nei casi, come quello di specie, in cui l’Amministrazione non è in grado
di rispettare i tempi procedimentali.

Ordinanza del Consiglio di Stato n. 256 del 17 gennaio 2011