Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Scuola: gli alunni invisibili!

Il totale degli studenti migranti iscritti nell’anno scolastico 2002/2003 è di 232.766 il, circa il 3% dell’intera popolazione della scuola dell’obbligo, ma a fronte di ciò nei nuovi programmi ministeriali non troviamo mai indicato o trattato il termine di intercultura, di educazione interculturale ecc.
Se, infatti, da un lato il MIUR continua a pubblicare il rapporto sugli alunni di cittadinanza non italiana, dall’altro non troviamo nel testo della “Riforma Moratti” (legge delega n°53 del 2003) , negli atti o cornici normativi nessun accenno specifico sull’inserimento degli studenti migranti, sull’accoglienza e sulla programmazione didattica interculturale. Questa assenza – che coincide tra l’altro con la già avvenuta eliminazione dei distacchi di docenti su intercultura e alfabetizzazione (i cosiddetti ”facilatori”), con i tagli ai finanziamenti e al personale docente e non – ha tolto ogni collegamento tra alunni migranti e istituzioni, tra altre culture e la scuola.
Mancanze e silenzi “culturalmente inquietanti” così come inquietante appare il modello di scuola attuale, una scuola dove – in buona sostanza – si persegue l’idea di “sommare unitamente” o meglio equiparare tutte le diversità (handicap, appartenenze culturali ecc) con il rischio di promuovere un modello omologante sia culturale che sociale, nonché di privilegiare indirettamente un concetto di normalità e conseguentemente un azzeramento delle alterità.

Si delinea così di fatto una scuola integralista – dove la multietnicità, il laicismo, la conoscenza e il rispetto di tutte le confessioni religiose, saranno sacrificati di fronte al potenziamento della centralità della religione cattolica – e classista – ossia una scuola che non aiuta a superare le differenze sociali ma semmai le sedimenta.
Un esempio lampante a questo proposito sono le scelte post/obbligo scolastico. Infatti il 40% degli allievi migranti frequenta istituti o centri di formazione professionale a fronte di un 20% di allievi italiani, in altre parole il doppio degli allievi stranieri sceglie i binari meno pregiati della formazione.
Di fatto, parallelamente a un’istruzione che diventa sempre più costosa si istituisce una divisione netta tra chi sceglie scuole professionali – e avrà quindi davanti a sé soltanto la possibilità di un lavoro di basso profilo – e chi potrà permettersi dieci anni di studi, non certo gratuiti, prima al liceo e poi all’università.

Dalle nostre scuole possono così uscire studenti migranti che hanno competenze sulla letteratura e la storia italiana ma non sulla loro tradizione letteraria e storica, questo probabilmente perché il silenzio istituzionale – circa la presenza di allievi migranti e la necessità di adottare strumenti per la gestione delle diversità nelle classi – è determinato da fatto che si vede l’eterogeneità come un elemento problematico, da “ignorare”, in attesa che avvenga un “processo di integrazione assimilatrice” che già tanti danni ha prodotto non solo in Italia ma anche in altri paesi europei (Francia, Germania ecc) e che soprattutto sotto i “veli” emancipatori nasconde per lo più l’annichilamento delle differenze.

Se fosse però solo un problema linguistico! In realtà c’è anche una problematica di tipo legislativo/burocratico infatti la legge Bossi/Fini prevede che uno studente migrante, compiute le scuole superiori, non abbia automaticamente il permesso di restare qui e cercarsi un’occupazione, devono infatti esserci dei requisiti particolari come ad esempio un lungo periodo di residenza.
In questo scenario quello che appare più che necessario è che la cultura della scuola educhi i suoi allievi al dialogo e al confronto perché mai come in questo “qui ed ora” viviamo in una dimensione di interdipendenza che connette tutte le regioni e tutti i molti mondi del pianeta.
Se da un lato infatti si tenta di diffondere e promuovere la solidarietà planetaria e i diritti di cittadinanza, dall’altro la circolazione e l’ibridazione delle culture viene impedita da leggi disumane e xenofobe e da pregiudizi e false paure sempre più diffusi nella società.

Diviene perciò fondamentale che le istituzioni educative si preparino a favorire i diritti di cittadinanza, adoperandosi in una prospettiva plurale e pluralistica che miri concretamente a valorizzare tutte le differenze che già affollano e affolleranno lo scenario sociale attuale e futuro.