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Sull’allontanamento di un testimone privo di permesso di soggiorno dal Tribunale di Milano – Chiarimenti e precisazioni

L’articolo da noi pubblicato dopo una segnalazione circostanziata (e firmata) pervenuta alla redazione
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La richiesta di chiarimenti inviata dal Presidente dell’Agi Lombardia al Presidente della Sezione Lavoro del Tribunale di Milano

Ill.mo Presidente,
abbiamo avuto notizia che, almeno in due occasioni (una delle quali è stata
oggetto di segnalazione formale alla stampa, ripresa anche dal sito Meltingpot),
Giudici o Uditori della Sezione da Lei presieduta abbiano “invitato” stranieri privi
di permesso di soggiorno presenti all’udienza – in qualità di testi o parti – ad
“allontanarsi immediatamente”, pena la segnalazione alle forze dell’ordine
presenti presso gli uffici per i conseguenti adempimenti.

Vorremmo, in primo luogo, conoscere lo svolgimento reale dei fatti, sapere se
tali comportamenti corrispondono ad un orientamento della Sezione o
costituiscono iniziative di singoli Giudici e, in ogni caso, perché mai – in
mancanza di qualsiasi innovazione legislativa – si sia optato per un
comportamento così radicalmente diverso rispetto a quello tenuto sinora e che,
tra l’altro, ha condotto a sentenze che hanno riconosciuto il pieno diritto di
azione in giudizio in capo allo straniero irregolare.

Desidereremmo, poi, che una questione di tale rilievo, che inerisce al diritto
fondamentale alla tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost., fosse oggetto di
confronto tra Giudici e avvocati, anche in vista delle innovazioni legislative che
si prospettano.

In proposito, riteniamo che una scelta come quella segnalata avrebbe
conseguenze devastanti in termini di giustizia sostanziale. Si pensi solo al fatto
che il datore di lavoro, che impiega lavoratori irregolari, si vedrebbe garantita
l’impunità perché non sarebbe mai esposto al rischio di iniziative giudiziarie da
parte dei dipendenti stessi.

Ricordiamo che, attualmente, i datori di lavoro sono i soli responsabili
penalmente quanto all’utilizzazione nell’esercizio dell’impresa di manodopera
irregolare e che mai, tuttavia, in questi anni risultano essere state effettuate
segnalazioni o adottati provvedimenti nell’ambito della Sezione. La trasmissione
degli atti alla Procura della Repubblica è sempre avvenuta, per quel che ci
risulta, in casi estremi, mai in forma automatica e/o massiccia.

Ma, anche a prescindere da ciò, segnaliamo che le prossime innovazioni in
punto di reato di “clandestinità” (quantomeno nel testo approvato dalla Camera dei Deputati e non ancora definitivo e, dunque, ad ogni effetto inesistente) non
apportano alcuna modifica in ordine all’art. 2126 C.C. (sicché lo straniero
irregolare mantiene integri i diritti che la legge oggi gli riconosce), né in ordine
agli artt. 2 Testo unico sull’immigrazione e 24 Cost., di modo che anche il diritto
alla tutela giurisdizionale si riproporrà nei medesimi termini di oggi.

Peraltro, la delicata questione investe anche la ricerca della verità tramite la
testimonianza e, dunque, dar corso ad una sorta di “indagine” d’ ufficio sullo
status dei testimoni non pare in armonia con le linee che caratterizzano il
processo del lavoro.

Ci pare, perciò, evidente – ma anche su questo siamo certi di sfondare una
porta aperta – che le questioni poste alla funzione giurisdizionale dall’eventuale
entrata in vigore del reato di “clandestinità” in rapporto all’art. 361 C.P. non
potranno certo essere semplicisticamente risolte dalla minaccia di “chiamare i
carabinieri”.

Restiamo, quindi, in attesa di Sue cortesi comunicazioni, al fine di fissare un
incontro per chiarire la vicenda ed avviare gli opportuni approfondimenti.

Con i migliori saluti.

Alvise Moro
Presidente AGI Lombardia

La corrispondenza dopo i chiarimenti del Presidente della Sezione Lavoro del Tribunale di Milano

Gentile Collega,
con riferimento al nostro colloquio telefonico di oggi, non ho difficoltà a confermarti quanto riferitomi personalmente dal Presidente della Sezione Lavoro di Milano dott. Frattin, che mi ha ricevuto questa mattina, dopo aver chiesto notizie agli altri Giudici della sua Sezione.

I fatti non si sono svolti nei termini di cui al tuo articolo del 19 maggio 2009 (www.meltingpot.org – sans papiers), ovvero come ti ha riferito il collega di Milano, del quale non hai ritenuto opportuno precisarmi il nome.

Nel corso di un’udienza, un testimone che parlava malissimo l’italiano, ha presentato al Giudice un documento d’identità indecifrabile perché scritto in caratteri non latini ed il Giudice gli ha chiesto un altro documento (nella specie il permesso di soggiorno) per poterlo, come si suol dire, generalizzare prima di interrogarlo.

Il teste non aveva, però, altri documenti ed il Giudice lo ha invitato ad andarsene.

Non esiste alcun nuovo orientamento della Sezione, tantomeno in una situazione in cui il reato di soggiorno illegale ancora non esiste. Se e quando esisterà, i Giudici avranno certamente l’esigenza di chiarire il punto del soggiorno illegale o meno nei casi in cui la decisione sulla domanda lo imponga (reintegrazione o semplice tutela ex art. 2126 c.c.).

La Sezione Lavoro del Tribunale di Milano, nel suo complesso, si conferma sensibile ai principi costituzionali e al problema del lavoro nero.

Ti sarò particolarmente grato se vorrai prendere nota di queste mie precisazioni ai fini di un tempestiva rettifica e, se possibile, anche informarmi.
Ti chiedo anche la cortesia di avvertire il collega ti ha inviato la segnalazione rivelatasi non corretta.

Cordiali saluti.

Alvise Moro
Presidente AGI Lombardia

La risposta dell’Avv. Marco Paggi

Preg.mo Collega,
Riscontro la Tua missiva e faccio seguito altresì al colloquio telefonico di ieri pomeriggio, apprendendo con piacere che il Presidente della Sezione Lavoro del Tribunale di Milano ha verificato trattarsi di un equivoco, dal momento che l’allontanamento del teste non sarebbe stato determinato dalla mancanza del permesso di soggiorno bensì dalla ritenuta impossibilità di identificarlo.
Non ho tuttavia ben compreso a quale dei due episodi, citati nella tua missiva in data 26 u.s., si riferisca la verifica effettuata dal Presidente della Sezione: ovviamente posso qui riferirmi solo al caso da me citato nell’articolo sul sito www.meltingpot.org , che riguarda la segnalazione inoltrata da un collega in forma scritta e piuttosto circostanziata; ho peraltro appreso dallo stesso che in tale occasione non sarebbe stato ritenuto idoneo all’identificazione un passaporto egiziano, in quanto stampato prevalentemente in caratteri arabi, sicché ciò spiegherebbe la richiesta di fornire ulteriori documenti utili all’identificazione ed in tale specifico contesto la richiesta di esibire il permesso di soggiorno.
Invero, i passaporti rilasciati dagli stati riconosciuti dalla Repubblica Italiana sono per definizione idonei alla identificazione dei loro titolari e se non sbaglio tutti quelli in lingua araba riportano altresì le generalità con caratteri latini; ciò nonostante sono molto lieto di apprendere che il fraintendimento sia derivato a quanto pare da una diversa percezione soggettiva e non, invece, dalla ritenuta necessità di esibire il permesso di soggiorno per rendere una testimonianza o adire l’autorità giudiziaria.

Spiace dover far presente come sia purtroppo legittimo il timore di una sorta di applicazione anticipata -e per quanto molto discutibile sempre più diffusa- della normativa in itinere sul reato di presenza irregolare: per l’appunto, chi scrive ha avuto modo in più occasioni (mai però in sede giudiziaria, pur avendo escusso in cause di lavoro molti testi privi di permesso di soggiorno) di conoscere casi di funzionari pubblici che ritengono di avere di già un potere-dovere di chiedere l’esibizione del permesso di soggiorno e di procedere in difetto alla denuncia dello straniero alle forze di polizia, anche quando tale verifica risulta del tutto estranea alle loro funzioni istituzionali (ad es. ufficiali di stato civile, addetti a commissioni di conciliazione, dirigenti di scuola dell’obbligo).

Non intendevo certo dubitare della perdurante sensibilità della Sezione Lavoro del Tribunale di Milano ai principi costituzionali ed al problema del lavoro nero, anzi, confido che proprio tale sensibilità potrà consentire, anche a seguito del perfezionamento dell’iter legislativo in materia, di interpretare ed applicare il “nuovo” diritto vigente nel rispetto di tali principi e delle convenzioni internazionali che essi richiamano, in specie riconoscendo che la previa esibizione del permesso di soggiorno deve (e dovrà) ritenersi sistematicamente dovuta solo nei limitati casi espressamente previsti dalla legge.

Cordiali saluti.

Avv. Marco Paggi