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PH: Mem.Med (Ceuta, 4 febbraio 2023)
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Le vittime della necropolitica migratoria

Il rapporto di Ca-minando Fronteras sulla frontiera euro-africana occidentale

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«I sistemi di controllo delle migrazioni sono regimi che implementano strutture di tortura transnazionali?»

Le strategie di esternalizzazione della frontiera adottate dall’UE negli ultimi anni hanno trasformato le rotte migratorie verso l’Europa in teatri di morte e violenza. Secondo le ricerche del collettivo Ca-minando Fronteras, sono 11.522 le persone che hanno perso la vita tentando di raggiungere le coste spagnole negli ultimi 5 anni, la maggior parte delle quali a seguito di naufragi nelle acque dell’Atlantico. La Fondazione ISMU invece, in un rapporto pubblicato lo scorso 3 ottobre 2022, stima che le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo dal 2014 ad oggi siano quasi 25 mila 1.

Il numero di vittime cresce sempre di più, ma ad eseguire le ricerche e le stime dei dispersi in mare sono le Organizzazioni Internazionali, le Ong e i collettivi solidali, mentre le istituzioni governative e statali si adoperano per occultare e invisibilizzare le vittime delle politiche migratorie di cui sono responsabili. Per questo Ca-minando Fronteras nel suo ultimo rapporto dal titolo «Le vittime della necrofrontiera 2018-2022. Per la memoria e la giustizia» 2, accusa gli stati europei di rendersi responsabili di “sparizioni forzate” e si chiede se la persecuzione in atto contro le persone migranti si possa considerare un genocidio.

«Stiamo assistendo all’annientamento di popolazioni con caratteristiche specifiche? Questi sistemi di persecuzione potrebbero essere equiparati a un genocidio anche se gli elementi di coesione delle popolazioni vittime non corrispondono a quelli delineati dalle definizioni tradizionali del reato?»

«Si verificano casi di sparizione forzata sul confine euro-africano occidentale? È il fatto di causare la morte e abbandonare le persone a morire sulle rotte marittime una violazione sistematica e prolungata nel tempo dei diritti delle persone in movimento e delle loro famiglie?»

Questi gli interrogativi principali del rapporto, in cui viene presentata anche la situazione di crescente violenza delle forze di polizia marocchine e algerine a seguito dei recenti accordi siglati con la Spagna. In particolare, dopo la riconciliazione dei rapporti tra Spagna e Marocco, le retate e le intimidazioni delle forze di polizia marocchine nei confronti delle persone migranti nei pressi della frontiera si sono intensificate, come dimostra la vicenda del 24 giugno scorso a Melilla.

La criminalizzazione e la persecuzione delle persone migranti sono fattori che hanno un’influenza decisiva sulla mortalità. L’accanimento degli stati e delle loro istituzioni sul respingimento delle migrazioni ha provocato la morte di decine di migliaia di persone negli ultimi anni. Queste morti rimangono impuni ma hanno dei responsabili, nonostante si assista a un processo di normalizzazione e colpevolizzazione delle vittime, attraverso la costruzione di una narrativa secondo cui “se la sono cercata”. Sarebbe impensabile uno scenario in cui decine di migliaia di persone bianche perdono la vita migrando, invece non lo è lo scenario attuale. La sistematicità delle violenze da parte delle autorità statali nei confronti delle persone migranti e la loro inazione rispetto alle migliaia di dispersi in mare, rispecchiano la struttura razzista e coloniale delle politiche migratorie europee.

Il 9 febbraio, è cominciato a Bruxelles il vertice straordinario della Commissione Europea per discutere su migrazioni, Ucraina e mercato unico europeo. Le migrazioni tornano in cima all’ordine del giorno, ma sempre nell’ottica del respingimento e della criminalizzazione delle persone migranti. È stato già annunciato infatti che capi di stato si riuniranno per pianificare nuove strategie d’azione basate sul rafforzamento del sistema dei rimpatri. Sono presenti inoltre forti pressioni, soprattutto da parte dell’Austria, per il rafforzamento delle “protezioni esterne”. Nello specifico al centro del dibattito ci sono la costruzione di un muro tra Turchia e Bulgaria e l’intensificazione della cooperazione con le guardie costiere di Libia, Tunisia ed Egitto. 

Dunque la linea dell’UE non cambia. Nonostante questo tipo di cooperazione – volta alla creazione di una frontiera esterna – abbia convertito le rotte verso l’Europa in luoghi di morte, l’UE continua a stipulare accordi con i paesi partner in Africa e Asia per esternalizzare la frontiera, affidando loro il compito di gendarmi delle frontiere esterne all’UE.

  1. Leggi il comunicato stampa
  2. Scarica il rapporto

Mattia Iannacone

Mi chiamo Mattia, vengo da Novara e mi sono laureato in scienze politiche a Padova. Ho avuto diverse esperienze in frontiera come attivista in Italia, Spagna e nei Balcani. Attualmente vivo a Bologna dove studio antropologia.