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Nuovo patto UE: schedare e rimpatriare

Impronte digitali per i bambini di sei anni e incremento della procedura accelerata (border procedure) che potrebbe riguardare più del 90% di richiedenti asilo

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A fine dicembre i ventisei Stati membri dell’Ue hanno concluso un accordo in cinque punti che stravolge la concezione e l’applicazione del diritto europeo: è il nuovo Patto UE sulla migrazione e l’asilo le cui ripercussioni saranno molte e già si potranno percepire gli effetti nel breve termine.

Uno dei punti più dolenti è quello inerente i minori stranieri: le impronte digitali, precedentemente da rilevare solo ai minorenni non inferiori all’età di quattordici anni, verranno prese ai bambini a partire dai sei anni di età. Ci sono dei provvedimenti che sono la metafora del modus operandi del governante e questo è uno di quelli: per gli Stati europei un bambino di sei anni e mezzo, arrivato da qualsiasi Paese extra Ue, può essere potenzialmente un pericolo e quindi va schedato.

Tale procedura per una persone adulta risulta non solo invasiva ma spesso lesiva della privacy. Già qualche anno fa il report dell’Hermes Center for Transparency and Digital Human Rights intitolato “Tecnologie per il controllo delle frontiere in Italia”, aveva analizzato le procedure di identificazione e categorizzazione dei migranti, rifugiati o richiedenti asilo da parte dello Stato italiano, evidenziando numerose criticità. Secondo il lavoro di tesi di Rossella Marvulli “Vite costrette in un database: l’insensibilità dei dati rilasciati sui confini europei”, «la zona grigia dell’identificazione è cruciale: rappresenta l’emersione dall’invisibilità giuridica, la possibilità di accedere a servizi essenziali e di esercitare diritti fondamentali come il diritto di asilo; al contempo, in più di qualche caso il rilascio dei dati (in particolare personali e sensibili) costituisce un baratto forzato in cambio di accoglienza, non permette loro di opporsi o di richiedere modifiche così come è invece possibile fare a qualsiasi regolare cittadino europeo, ed è in grado di condizionare fino anche a limitare un progetto migratorio».

A maggior ragione, le impronte digitali per dei bambini di sei anni sono alquanto invasive e non tengono nemmeno in considerazione cosa rappresenta il percorso migratorio per un minore. Numerosi dossier di Ong che tutelano i diritti dei minori, e le stesse agenzie delle Nazioni Unite come IOM e UNHCR, lo definiscono un viaggio spaventoso: quasi l’80% dei minori che hanno attraversato il Mediterraneo centrale ha ammesso di essere stato vittima di violenze sessuali o di sfruttamento lavorativo. Probabilmente non c’è minore, anche piccolo, che lungo le diverse rotte migratorie non sia stato vittima di qualche forma di abuso o abbia assistito a violenze e soprusi.

Con questa decisione, a Bruxelles, sono andati oltre. Non solo perché si raccoglieranno i “classici” dati anagrafici (età, nome, provenienza), ma nell’ampliamento del sistema Eurodac verrà inserito un nuovo dato biometrico, ossia l’immagine del volto. Sempre dal rapporto del Centro Hermes sulle procedure italiane, i ricercatori spiegavano che «le cartelline fotosegnaletiche create a seguito delle procedure di identificazione all’interno degli hotspot vengono poi collezionate nel database Afis, in uso alla Polizia di Stato, realizzato al fine di tenere traccia degli individui che hanno commesso un crimine sul territorio italiano e utilizzato dalle forze dell’ordine per identificare un pregiudicato più velocemente. Secondo le stime fornite a fatica dal Ministero dell’Interno, in AFIS sarebbero presenti 17.592.769 cartellini fotosegnaletici, corrispondenti a 9.882.490 individui diversi, di cui 2.090.064 si riferiscono a cittadini italiani. Sui quasi 10 milioni di individui, quasi 8 milioni sono “stranieri” ma il Ministero dell’Interno non ha specificato di quale nazionalità. Il fatto che i migranti siano inseriti all’interno di un database riservato a pregiudicati soltanto perché hanno commesso il reato di immigrazione clandestina è significativo di come la criminalizzazione dei migranti sia inscritta nell’infrastruttura tecnologica italiana (…). Di fatto, se la legge Bossi Fini definisce chi e quando può entrare in Italia per lavorare attraverso la politica dei flussi, il database Afis non fa altro che automatizzare una discriminazione sulla base della condizione temporanea in cui si trova il migrante» 1.

Assistiamo perciò alla metafora più stridente del nuovo Patto Ue siglato il 20 dicembre 2023: nella guerra a bassa intensità contro le migrazioni non viene risparmiato nessuno, non importa quanti anni i minori possano avere, non importa il loro vissuto e quali e quante fatiche hanno dovuto sopportare.

The border procedure

Un’altra misura che mette a serio rischio il diritto di asilo è quella che riguarda le modifiche del Regolamento sulle procedure di asilo. Per Amnesty International queste riforme «faranno arretrare di decenni la normativa sull’asilo e causeranno maggiori sofferenze alle persone migranti».

Il nuovo Patto, infatti, crea due classi di “profughi” ben distinte. La prima, che sarà esigua, continuerà ad accedere alla procedura classica. La seconda, che presupponiamo riguarderà la stragrande maggioranza delle persone, verrà inserita all’interno della cd. procedura accelerata che in Italia sta creando un vero e proprio caos: dopo aver tentato, con il trattenimento in frontiera dei richiedenti asilo provenienti da Paesi di origine sicuri, di produrre una privazione di libertà «per cittadinanza» 2, ora stanno emergendo dinieghi di massa in base al Paese di origine del richiedente: è il caso dei tunisini che sono considerati provenienti da un “Paese sicuro”, che equivale nel concreto ad avere pochissime chance in Commissione. Questo sta generando un’impennata dei contenziosi giuridici e conseguenze molto gravi rispetto alla tutela dei diritti più basilari.

La “border procedure“, così come definita nella riforma del sistema europeo comune di asilo (CEAS), avrà una tempistica di massimo tre mesi, con un prolungamento previsto fino a sei mesi in caso di rimpatrio: il richiedente protezione verrà considerato giuridicamente come se fosse all’esterno del territorio UE nonostante esso si trovi all’interno. Una violazione di diritto gravissima: nel concreto, il tentativo è quello di manomettere la Convenzione di Ginevra secondo cui qualsiasi persona che teme di essere perseguitata per motivi di razza, religione, opinioni politiche nel proprio Paese può richiedere rifugio in un altro Stato.

Verrà applicata alle persone che mentono alle autorità o sono considerate un pericolo alla sicurezza, ma soprattutto alle persone che provengono da Paesi considerati “sicuri” con un riconoscimento dello status di protezione internazionale inferiore al 20%.

E questo è il punto maggiormente preoccupante: il tasso inferiore al 20% lo hanno la quasi totalità delle nazionalità. Si prenda d’esempio l’Italia: nel 2022 hanno richiesto l’asilo 84.289 persone. Lo status di rifugiato è stato concesso al 13% (7.608 persone), la protezione sussidiaria al 12% (7.205) e la protezione speciale al 19% (10.865): il 56% delle persone è stato diniegato 3.

Sono quindi pochissime le nazionalità che hanno un tasso di riconoscimento superiore a tale soglia: sommando l’asilo con la protezione sussidiaria, sono solo tredici i Paesi che sarebbero considerati “non sicuri” a fronte di 167 Stati nel mondo: Afghanistan (72%), Sudan (74%), Burkina (63%), Siria (80%), Camerun (27%), Colombia (27%), Iraq (74%), Venezuela (74%), Salvador (37%), Somalia (90%), Turchia (29%), Mali (47%) ed Ucraina (89%).

Complessivamente solo il 7,78% di richiedenti asilo rientrerebbe nella classica procedura asilo, il restante 92,22% nella procedura accelerata. Una procedura, quindi, pensata per cancellare appunto il diritto di asilo che punta, anche, ad allargare i numeri dei e delle migranti trattenute in grandi centri o nei cosiddetti hotspot, come già accade nelle isole Egee in Grecia.

Dopo anni di sperimentazioni procedurali attraverso il laboratorio greco e italiano e il controllo dei confini nell’est Europa, la direzione intrapresa da Bruxelles non solo contrasta i diritti umani fondamentali, ma apre inevitabilmente dei varchi sempre più imponenti a tutte le forze politiche nazionaliste e reazionarie. E questo non è un pericolo solo per le persone migranti, ma per l’Europa stessa.

  1. Migranti, discriminati anche sul trattamento dati – lavialibera, di Laura Carrer e Riccardo Coluccini.
  2. Leggi l’approfondimento di Thomas Vladimir Santangelo operatore legale, socio ASGI su Questionegiustizia.it
  3. Ministero dell’Interno, statistiche 2022

Stefano Bleggi

Coordinatore di  Melting Pot Europa dal 2015.
Mi sono occupato per oltre 15 anni soprattutto di minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta e richiedenti asilo; sono un attivista, tra i fondatori di Libera La Parola, scuola di italiano e sportello di orientamento legale a Trento presso il Centro sociale Bruno, e sono membro dell'Assemblea antirazzista di Trento.
Per contatti: [email protected]

Pietro Giovanni Panico

Consulente legale specializzato in protezione internazionale ed expert prevenzione sfruttamento lavorativo. Freelance con inchieste sui MSNA, rotte migratorie, accordi illegittimi tra Paesi europei ed extra UE e traffici di armi.
Nel 2022 ho vinto il "Premio giornalistico nazionale Marco Toresini" con l'inchiesta "La guerra dei portuali genovesi contro le armi saudite".