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Quando la violenza alle frontiere UE diventa sistema

L'VIII rapporto del Protecting rights at borders (PRAB)

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Continuano i respingimenti alle frontiere europee. Più di 28mila i migranti respinti durante il 2023, nulla la possibilità di accedere alle procedure di asilo. La “fortezza europea” accoglie le persone in movimento con violenze sistematiche e trattamenti inumani.

Respinti alle Frontiere dell’Europa: una crisi continuamente ignorata1, il nuovo rapporto del network intereuropeo Protecting rights at borders (PRAB) 2, racconta di più di 28mila persone migranti respinte alle frontiere europee nel corso del 2023. Oltre 8.400 negli ultimi quattro mesi dell’anno.

I dati rappresentano però solo parzialmente il numero effettivo dei pushback: complici l’impossibilità per molte associazioni di raggiungere alcune zone di confine, così come lo scarso accesso alla giustizia per le vittime di respingimenti. «Molti hanno paura di denunciare l’accaduto», si legge nel rapporto «temendo che ciò influisca negativamente sulla loro possibilità di entrare o rimanere in uno Stato membro dell’UE».

Nel periodo coperto dal report, tra settembre e dicembre 2023, le associazioni partner di PRAB hanno raccolto 1.448 interviste e testimonianze di violenze e trattamenti degradanti, in particolare in Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Lituania e Polonia. «Ci hanno trovato e ci stavano picchiando e spruzzando [spray al peperoncino] allo stesso tempo. E hanno picchiato la signora, la donna. Volevano attaccare i bambini, ma non glielo abbiamo permesso. Ci hanno picchiato perché stavamo difendendo i bambini e hanno usato proiettili di gomma e ci hanno riportato al confine» 3, racconta un cittadino siriano in Polonia.

Picchiati, puniti e respinti: numeri e violenze in costante aumento

Picchiati, puniti e respinti”, così titolava il primo rapporto PRAB del 2023. Dopo un anno, si confermano violenze e respingimenti crescenti e costanti. Al confine gelido tra Polonia e Bielorussia, sempre più militarizzato, la polizia di frontiera utilizza spray al peperoncino, armi da fuoco, violenza fisica e verbale, sottrazione di documenti e di vestiti. Continuano ad essere segnalati anche casi di separazione familiare al confine.

«Quando ci hanno portato nella foresta, al punto in cui nessuno poteva vederci tranne noi, hanno iniziato a picchiarci, hanno usato un taser e uno spray al peperoncino su di noi e poi ci hanno gettato nella foresta», ha raccontato un cittadino sudanese in Bielorussia 4. «Per tre giorni non abbiamo potuto camminare a causa del dolore e abbiamo avuto problemi di vista. Ci hanno preso i telefoni, li hanno distrutti, hanno preso la scheda SIM e l’hanno rotta. E hanno preso anche i power bank. Dall’altra parte [del muro], (…) alcune persone mi hanno aiutato, mi hanno portato fino alla strada asfaltata. Mi hanno lasciato lì. Dopo sono svenuto, qualcuno mi ha portato all’ospedale. Forse militari o polizia. Mi sono svegliato quando ero già in ospedale».

Ad aggiungersi, nella terra di nessuno tra i due Stati viene spesso impedito alle ONG di lavorare, attraverso una sistematica criminalizzazione dell’assistenza umanitaria, spiega PRAB. Testimonianze simili sono state registrate in Bosnia – dove l’83% degli intervistati racconta di essere stato oggetto di trattamenti degradanti – Lituania, Croazia e al confine tra Italia e Francia (dove la percentuale di persone abusate è del 61%).

Altri aspetti legano tra loro negativamente le frontiere attraversate lungo le principali rotte migratorie europee via terra: primo fra tutti, il trattenimento dei migranti in attesa di espulsione in strutture analoghe a quelle detentive. Similmente a quanto accade in Italia con i CPR 5, in Grecia le condizioni dei centri di accoglienza e identificazione, così come quelli di rimpatrio, hanno portato a una detenzione de facto, con campi chiusi e sorvegliati con una recinzione di tre metri per tutto il perimetro e l’entrata e l’uscita controllata da un cancello di sicurezza e videocamere 6. Manca l’accesso all’assistenza sanitaria, così come ad informazioni legali.

A quest’ultimo punto si lega poi la quasi impossibilità di fare domanda d’asilo. In base alle testimonianze raccolte dal PRAB, le persone fermate in Lituania vengono deportate senza avere accesso alla consulenza legale o alle procedure di asilo. In Grecia, invece, i richiedenti asilo che hanno prenotato un appuntamento e sono in possesso dei documenti sono considerati (nonostante l’appuntamento e i documenti) migranti irregolari dalla polizia e vengono di conseguenza arrestati e detenuti.

Accordi con paesi extra-UE, sistemi di monitoraggio indipendenti e il nuovo Patto su migrazioni e asilo: un modello fallimentare

L’accordo tra Italia e Albania sulla “cooperazione” per la realizzazione di strutture destinate al trattenimento di stranieri irregolari e richiedenti asilo si inserisce nell’approccio di esternalizzazione dei confini, una pratica ormai comune per molti paesi UE. Ne è esempio la recente partnership tra Spagna e Mauritania, l’accordo con la Tunisia, così come nuovi partenariati tra Egitto e Unione Europea che sono stati firmati il 17 marzo, in occasione della visita della Premier Giorgia Meloni e della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen al Cairo. L’intesa sarà sostenuta da un nuovo pacchetto finanziario e di investimenti di 7,4 miliardi di euro per i prossimi quattro anni.

Secondo il PRAB, i rischi di questo approccio sono molteplici: «violazioni dei diritti umani, esitazione dei Paesi terzi a cooperare, non trasparenza del processo decisionale relativo agli accordi e, non da ultimo, violazioni dello Stato di diritto e del diritto internazionale, attraverso respingimenti in massa che impediscono l’accesso alla domanda di asilo».

In questo quadro già fallimentare si inseriscono i meccanismi indipendenti di monitoraggio delle frontiere (IBMM): i pochi esistenti non hanno un reale mandato indipendente, né un ambito di applicazione adeguato, né le risorse necessarie per svolgere appieno il loro lavoro. È il caso croato, il cui meccanismo indipendente ha prodotto l’ultimo report a giugno 2022, e non si sa né se né come il monitoraggio stia avvenendo. Non può neppure investigare su casi di respingimenti, né sostenere legalmente i migranti intenzionati a fare ricorso. In Grecia, dove a dicembre 2022 è stato nominato un Responsabile dei diritti umani, Konstantinos Solkidis, non è stato prodotto nessun report, e neppure qualche tipo di monitoraggio è stato strutturato.

All’interno del Patto UE su Migrazioni e asilo si prevede l’introduzione di nuovo sistema di pre-screening alle frontiere 7: con il vago scopo di «garantire una rapida individuazione della procedura corretta applicabile a una persona che entra nell’UE», basando la sua liceità sull’istituzione di un meccanismo di monitoraggio indipendente parallelo che monitorerà il rispetto dei diritti umani 8. Il timido mandato del nuovo meccanismo di monitoraggio mostra già prima della sua istituzione diversi punti d’ombra. Per il network PRAB, fondamentale è «ampliare la portata del meccanismo per evitare che esistano luoghi in cui le autorità di gestione delle frontiere possano agire al di fuori della legge», così come «assicurarsi che il meccanismo venga realmente reso funzionante nei singoli Stati membri».

La situazione ai confini italiani

Tra gli 8.403 respingimenti registrati tra settembre e dicembre 2023, il numero più alto (3.180) riguarda la frontiera tra Italia e Francia, ad Oulx e Ventimiglia. Tra questi, 519, il 16% dei respinti sono risultati minori stranieri non accompagnati. Secondo una pratica molto comune, questi sono stati erroneamente registrati come adulti al momento dell’arrivo in Italia, privandoli di tutte le tutele previste per i minori stranieri non accompagnati. La maggior parte dei migranti proveniva da Etiopia, Costa d’Avorio, Marocco e Sudan. Il 61% dei respinti ha testimoniato di aver subito trattamenti degradanti al confine italo-francese, e al 96% di loro non è stato garantito l’accesso all’asilo.

«L’Italia ha diversificato gli strumenti per il controllo dei flussi migratori, e quindi per l’allontanamento, respingimento e non ingresso delle persone sul territorio» racconta Anna Brambilla (ASGI). «A partire dal 7 ottobre scorso, ad esempio, sono stati reintrodotti controlli alla frontiera italo-slovena e rafforzata la cooperazione delle forze di polizia tra i due paesi».

Ascolta “I respingimenti che non sembrano respingimenti – Il nuovo rapporto PRAB con Anna Brambilla di ASGI” su Spreaker.

Conclusioni

«In quel momento avevamo tanta sete e tanta fame e abbiamo chiesto ai soldati polacchi. Abbiamo chiesto loro qualcosa da bere o un po’ di cibo. C’era una donna, una soldatessa, che ci ha dato una bottiglia d’acqua e mentre la bevevamo, avremmo voluto non berla, ma l’avevamo già bevuta, ma prima dei bambini. Ci siamo accorti che aveva messo dello spray al peperoncino nell’acqua. Dopo averla bevuta, io e un altro ragazzo ci siamo bruciati lo stomaco, ed è stato doloroso» 9. La testimonianza di un cittadino siriano in Polonia è uno dei tanti esempi di violazioni alle frontiere, che appaiono ormai sistematiche.

Il nuovo Patto UE su Migrazioni e asilo avrebbe potuto essere un’occasione per migliorare la situazione esistente nelle zone di frontiera, ma si è dimostrata il compromesso al ribasso tra Parlamento europeo e i singoli Stati membri. Il pacchetto di norme verrà adottato presumibilmente ad aprile 2024, lasciando poco spazio a possibili modifiche. Nonostante ciò, il PRAB spinge su tre aspetti fondamentali, da tenere al centro delle future iniziative europee.

«Ampliare il campo di applicazione del meccanismo di monitoraggio delle frontiere, assicurando che il monitoraggio possa operare dove avvengono i respingimenti (al di fuori delle stazioni di polizia, dei valichi di frontiera ufficiali o delle strutture di controllo pre-ingresso concordate) e obbligare a visite di monitoraggio casuali e non preconcordate». Molto più di quanto previsto dal nuovo sistema di monitoraggio alle frontiere. Continua il report ponendo l’attenzione sulla necessità di «fornire percorsi sicuri e legali di protezione e garantire che coloro che si trovano alle frontiere europee abbiano accesso a procedure di asilo eque ed efficienti, compreso l’accesso all’assistenza legale e ai mezzi di ricorso», così come sul porre limiti alle «deroghe al diritto d’asilo in caso di aumento degli arrivi, indipendentemente dal motivo dell’aumento degli arrivi, in quanto ciò legittima de jure i respingimenti».

Con l’auspicio di un approccio europeo alle migrazioni che possa porre al centro le necessità e le vulnerabilità delle persone in movimento, piuttosto che gli interessi degli Stati membri.

  1. Leggi il rapporto
  2. Protecting rights at borders è una rete di organizzazioni di diversi Stati europei che si occupa di raccogliere testimonianze di respingimenti e riammissioni alle frontiere esterne e interne dell’Unione europea, avanzando altresì richieste di advocacy alle istituzioni europee. Per l’Italia, partecipano ASGI, Diaconia Valdese e Danish Refugee Council Italy
  3. Testimonianza contenuta all’interno del report Prab
  4. Testimonianza contenuta all’interno del report Prab
  5. Prezioso il lavoro di inchiesta dei giornalisti Luca Rondi e Lorenzo Figoni su Altreconomia
  6. Per approfondire: “Grecia: protezione non disponibile
  7. A new screening regulation, European Council (12 febbraio 2024)
  8. The Council and the European Parliament reach breakthrough in reform of EU asylum and migration system, European Council (dicembre 2023)
  9. Testimonianza contenuta all’interno del report Prab

Albertina Sanchioni

Mi sono laureata in Sicurezza Globale con una tesi sulle implicazioni sui diritti umani degli algoritmi relativi all’hate speech nei social network, con un focus sul caso del popolo Rohingya in Myanmar.
Volontaria dello sportello anti-tratta a Torino, frequento il Master in “Accoglienza e inclusione dei richiedenti asilo e rifugiati” all’Università Roma Tre.