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Padova – Cosa sognano gli abitanti di via Anelli?

Nella ricca Padova, a pochi passi da un’enorme centro commerciale, c’è una strada chiamata via Anelli. Un luogo da tutti conosciuto come “bronx”, che nell’immaginario collettivo evoca (anche grazie alla massiccia campagna sensazionalistica costruita dai giornali locali) nella migliore delle ipotesi un senso di disagio, nella peggiore un senso di rifiuto.
Sei palazzine disposte attorno ad un quadrato di cemento, dove vive la maggiore concentrazione cittadina immigrata, via Anelli è infatti diventata l’unica alternativa per un cittadino migrante che cerca casa, l’unica alternativa per avere un tetto dove tornare dopo una giornata passata a lavorare, spesso sotto costo, impiegati nei lavori più umili e pesanti, (quelli che nessun giovane del nord est si sogna più di accettare), o peggio ancora nel mercato nero.

Via Anelli è da una parte il risultato di Amministrazioni Comunali che hanno saputo costruire risposte solo in termini repressivi, con presidi di polizia e vigili urbani; dall’altra di proprietari di casa che l’hanno trasformata in un fruttuoso affare economico, e da anni speculano sul bisogno di casa degli immigrati.

Il 10 ottobre del 1999 nasce il Comitato per il Superamento del ghetto di via Anelli, formato da un gruppo di associazioni antirazziste, dopo due settimane di incontri con gli abitanti del quartiere e dopo un’assemblea nel cortile di Via Anelli a cui partecipano più di 500 abitanti. Il lavoro del comitato cresce giorno per giorno attraverso una presenza quotidiana in via Anelli, imparando a conoscere i suoi protagonisti, donne uomini e bambini costretti a vivere in un ghetto.

“Nasce dalla voglia di dimostrare alla città, che il problema di via Anelli può e soprattutto deve essere affrontato in maniera diversa, prima di tutto iniziando a guardarlo da un’altra prospettiva, non più come un fastidioso e scomodo problema ma come una sfida da raccogliere, per iniziare ad affrontare le complesse ed articolate problematiche che lì convivono, (prima fra tutte la mancanza di casa, ma anche la tossicodipendenza, lo spaccio di droghe e la prostituzione), una sfida attraverso la quale costruire una città fondata sul rispetto dei diritti e della dignità.”
Così scriveva il comitato nel 1999.

Quello che stà succedendo in queste ultime settimane è che sembra finalmente prendere corpo il ragionamento che da 4 anni il Comitato sostiene. Il 14 Aprile è stato firmato un protocollo d’intesa tra Regione Veneto, Ater (ex Iacp) e Comune di Padova in cui si stabilisce che il ghetto di via Anelli deve essere superato ovvero svuotato e ristrutturato un palazzo alla volta. Gli immigrati chiedono soluzioni abitative alternative per le famiglie che vi vivono. Nonostante le molte iniziative e richieste fatte all’amm.ne comunale non è mai arrivata nessuna risposta, cosicché alcune famiglie hanno deciso di occupare delle case popolari chiuse da anni.

Ma proviamo a fare un quadro su chi vive realmente in via Anelli.

In origine via Anelli era un posto per studenti, ma all’inizio degli anni ’90 periodo in cui in Italia si registra il primo importante flusso migratorio, agli studenti sono subentrati i cittadini immigrati che nel ricco nord est trovavano facilmente lavoro ma non la casa.
La mancanza di case pubbliche, i tempi burocratici disumani delle graduatorie, il razzismo che preclude il mercato privato, e gli affitti spesso troppo alti, sono le principali cause del sovraffollamento di via Anelli.

Nel quadrato vivono circa 1.500 persone, di 15 diverse culture, provenienti soprattutto dal Marocco e dalla Nigeria, ma anche da Tunisia, Senegal, Moldavia, Romania, Macedonia, Benin, Somalia, Sri Lanka, Pakistan, Togo, Costa d’Avorio, Sierra Leone…
L’enorme difficoltà di trovare casa per un cittadino immigrato e gli affitti spesso troppo alti, sono le principali cause del sovraffollamento di via Anelli, dove si è costretti a vivere anche in 6 in 30 mq., e dove l’affitto è in media di 620 euro al mese, per appartamenti antigienici e non a norma, dove spesso anche i servizi minimi, ma fondamentali, non sono garantiti (come l’acqua calda, il riscaldamento, le pulizie condominiali).
Fatto particolarmente grave se pensiamo che in via Anelli oltre agli adulti (la cui età è compresa tra i 23 e i 50 anni) vivono anche 70 bambini di età compresa tra 0 e 12 anni.

Contrariamente a quello che è ormai un immaginario diffuso e ben radicato, la stragrande maggioranza delle persone che vivono in via Anelli hanno regolare permesso di soggiorno e lavoro, una piccola parte sono persone in attesa di regolarizzazione inserite nel mercato del lavoro nero, e solo una piccolissima percentuale (di cui fanno parte anche persone che non vivono in via Anelli ma che semplicemente ne hanno fatto un punto di ritrovo), sono persone dedite ad attività illegali.

Via Anelli è un drammatico esempio di quanto in questa città prevalga la logica del profitto e dello sfruttamento, dei pregiudizi e dell’emarginazione, una logica che non si è certo radicata ieri.

Giovedì 22 maggio per la prima volta gli abitanti del quartiere incontrano figure istituzionali. Su invito del Comitato i consiglieri regionali dell’opposizione visitano gli appartamenti e ascoltano le richieste dei cittadini immigrati.

Gli abitanti di via Anelli sognano una casa sana, dove far giocare i bambini e dove il colore della pelle non sia più importante del colore degli occhi.