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I quattro addendi dell’immigrazione in Italia

Le vergogne di un paese dove non esiste una governance dell’accoglienza

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L’immigrazione è una addizione con quattro addendi: la libertà di lasciare il Paese d’origine, il diritto di ingresso nel Paese potenziale d’asilo, l’accesso alla procedura di determinazione dello status di rifugiato e l’inclusione sociale. La somma non è completa se si trascura l’articolo 34 della Convenzione di Ginevra sullo Status dei Rifugiati del 1951. Infatti, anche se prerogativa degli Stati, l’inclusione dei rifugiati e la loro “naturalizzazione” devono essere facilitate. Sfortunatamente per i governi che cercano di semplificare l’addizione, la piena inclusione locale è imprescindibile se si mira ad una risposta duratura e sostenibile al fenomeno migratorio.

In Italia i quattro addendi dell’immigrazione non esistono. La non governance dell’accoglienza non produce nessuna somma.

Tramite una forte politica di “esternalizzazione delle frontiere”, colui che si qualifica come rifugiato ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione di Ginevra, spesso non può lasciare il suo Paese di origine. Ne consegue che, raggiungere l’Europa mediante vie legali e sicure è pressoché impossibile, e inevitabile è così l’aumento dei viaggi della morte.
Nonostante tutto ciò sia evidente, la politica europea ed italiana prosegue nell’intento di bloccare le migrazioni con accordi bilaterali: ecco allora che entra in gioco il nuovo accordo spinto dall’Italia tra l’Unione Europea e la Tunisia voluto, inter alia, per “stroncare l’immigrazione illegale”. È veloce e significativa sia la crescita del potere di imperium del leader illiberale Kais Saied, sia la progressione di carriera del Paese Tunisino: finalmente “custode e carceriere”. Neanche a farlo apposta poi, il cimitero è vicino; chilometri di deserto libico e algerino sembrano essere lì per questo. Vergogna.

Inoltre, da colonizzatore mediocre, sicuramente è inaccettabile un declassamento dell’Italia a Paese invaso, colonizzato. “Tutta l’Africa in Italia non ci può stare” afferma infatti il governatore della Regione Veneto Luca Zaia. Si abolisce la protezione speciale, si rinnovano i finanziamenti alla Guardia Costiera libica, entro settembre entrerà in vigore anche il nuovo “pacchetto sicurezza”: più forze dell’ordine, più espulsioni dei “problematici” e più CPR. L’Italia, Paese dei campi, è però percepita come già assediata; ecco allora che la destra manipola l’opinione pubblica e si dipinge, al bisogno, come altruista e caritatevole. Infatti, i morti sulle rive della Penisola non piacciono a nessuno, nemmeno ai suoi elettori. L’MRCC italiano chiede l’aiuto delle ONG, derogando al tanto desiderato “blocco navale” e alla politica dei “porti chiusi”. Vergogna.

Riguardo, invece, alla procedura di determinazione dello status di rifugiato, 48, massimo 72 sono le ore per determinare il destino di una persona in movimento. La scrematura deve essere rapida: respingere è preferibile ad accogliere. Conseguentemente, a qualche minore non accompagnato può essere aggiunto qualche anno per acquistare la maggiore età, oppure, grazie all’etichetta di “Paese terzo sicuro”, si risparmiano i tempi di valutazione delle circostanze individuali, rendendo il diritto soggettivo a presentare domanda di protezione internazionale, discrezionale. È la nazionalità in primis che definisce lo stato delle persone in movimento. Vergogna.

In ultimo luogo, alla somma bisogna aggiungere “l’integrazione”. Tuttavia, il governo italiano non ha mai implementato un vero meccanismo di seconda accoglienza diffusa. Il sistema Sprar è stato abolito nel 2018, al sistema Sai possono accedere solo i titolari di protezione internazionale e i richiedenti asilo rimangono stoccati negli hotspots e, se trovano posto, trasferiti nei CAS. Molti di coloro che raggiungono l’Italia dalla Rotta balcanica nemmeno vengono accolti. Inoltre, le risorse che i ministri mobilitano per gestire l’immigrazione sono convogliate, in primis, verso i vicini leader antidemocratici che strumentalizzano i Memorandum of Understanding per accrescere il loro potere, rendendo brutalmente i migranti la principale arma per le loro rivendicazioni. Al contrario, i relativi milioni di euro potrebbero essere adoperati per l’addendo numero quattro, ossia per l’accoglienza e per i programmi di local integration. Invece, con il decreto Cutro, addirittura, i finanziamenti per minore non accompagnato sono diminuiti da 100 € al giorno a 60 €, ed ecco che adesso con una circolare interna di Piantedosi emerge l’idea che siano i Comuni a farsi carico di migliaia di titolari di protezione, di quei migranti che la stessa Unione Europea definisce “burden” – fardello -. Vergogna.

L’immigrazione in Italia non è un’addizione. Se la narrazione rimane costantemente quella dell’“emergenza” è perché essa è stata voluta, ideata ed implementata dai vari governi di destra e di centro-sinistra che si sono susseguiti e che se ne sono serviti per catturare più elettori possibile. I processi di ghettizzazione, segregazione degli stranieri e la criminalizzazione dell’esclusione socialmente prodotta altro non sono che la tattica di un governo fragile per la sua sopravvivenza.

Vergogna.

Ludovica Mancini

Studentessa attualmente iscritta al corso di Laurea Magistrale in Human Rights and Multi-level governance presso l’Università di Padova con titolo congiunto in Droits des Libertés presso UCLY, Lione. Laureata a Ca’ Foscari in lingue e relazioni internazionali con una tesi triennale sul CEAS e l’approccio hotspot.